Influenza dell’industria discografica americana sul flamenco negli anni 50’
Per mantenere al meglio una prospettiva storicamente accettabile e veritiera, ancor prima di stabilire i punti base delle nuove vicissitudini che hanno interessato il Flamenco degli anni 50’, bisogna anzitutto definire al meglio cosa stava accadendo durante questo periodo storico, sia per quanto riguarda attorno al fenomeno del Flamenco, ma soprattutto nel resto del Mondo.
In questo periodo si rafforza la conoscenza del flamenco e ne prevalgono alcuni degli studi più importanti, inoltre vi sono pubblicazioni che caratterizzeranno per sempre la visione del flamenco agli occhi del Mondo.
Testi di spessore vengono pubblicati tra il 54’, il 55’ e il 56’ come la prima “antologia discografica del cante”, il primo manuale di “Flamencologia” e il concorso nazionale d’arte del flamenco di Cordova.
Di primo acchito sembrerebbe che tutto questo interesse e generamento di nuovi e importanti documenti che certificano in questo decennio l’arte flamenca, sia in qualche modo dovuto al caso, quando in realtà è la stessa società ad organizzarsi in questo modo automaticamente.
La voglia di conoscenza rivoluzionaria presente tra l’inizio e la fine degli anni 50’, riecheggerà poi per tutti gli anni 60’, aumentando il prestigio e la cultura del flamenco; sono gli anni della scoperta del Rock n’roll.
Questa corrente unisce i giovani di tutto il Mondo Occidentale, così come gli artisti e i grandi pionieri che iniziano a rappresentarla, da Elvis a Bill Haley, sino alla nascita dei primi grandi e conosciuti programmi radiofonici.
E’ il momento delicato nel quale l’industria artistica ed anche quella lavorativa, iniziano in Europa, ad assomigliare sempre più a quelle presenti oltreoceano, negli States.
Verso la metà degli anni 50’ è il periodo nel quale l’Europa accoglie gli U.s.a. in tutto e per tutto, dal modo di vestire, a quello di cantare, alle basi militari statunitensi nei Paesi europei.
In un primo momento questo sembra tutto grandioso, ma come ogni novità, anche questa rappresenta risvolti sia positivi che negativi.
L’industria discografica statunitense, già molto prestigiosa e potente, iniziava a trasformarsi nel grande mostro fagocitatore delle culture artistiche altrui.
L’industria Americana rappresenta in questo periodo storico, molto timore soprattutto tra i vari critici ed etnomusicologi più rinomati, essi prevedevano infatti un imminente stravolgimento delle forme di musica e ballo più popolari e folk dei Paesi più ricchi di storia.
Questo effetto collaterale in effetti si è in buona parte manifestato, grazie soprattutto alla collaborazione, probabilmente interessata, dei classici Media propagandistici: una sorta di “Globalizzazione artistica” voluta.
Grazie a questo sopruso artistico, saranno poi le stesse emittenti radiofoniche a imporre quali artisti e quali canzoni passino o meno da un determinato canale, a seconda delle offerte economiche l’etichetta discografica è in grado di dispensare.
Una gara d’appalto tra le case di produzione per aggiudicarsi il primo posto nell’olimpo delle hits più ascoltate e fare emergere gli artisti pupilli.
Tutto questo giro d’affari, alla piccola nicchia della musica popolare del flamenco produce solo disagio, tanto che solo successivamente, alcuni enti come l’Unesco, provvederanno loro stessi al recupero delle culture tradizionali, attraverso diversi progetti messi su campo proprio per questo scopo specifico.